Gli scandali che vedono coinvolti politici, alcuni imprenditori e lobbisti si susseguono periodicamente, ma niente cambia, alla maggioranza pare vada tutto bene così. Non al Team K però, che porterà al voto in Consiglio provinciale una mozione con l’obiettivo di contrastare i rapporti distorti tra certa economia e certa politica. “In Alto Adige da sempre lobby e potenti famiglie hanno avuto un filo diretto con i decisori politici e tanti sono gli esempi di leggi ad hoc o peggio, ad personam, varate nel tempo. Il più famoso esempio è l’ormai famigerato art. 55 quinquies, la lex Benko. Ma più in generale, come può non destare una seria preoccupazione sapere che tra i maggiori donatori dei partiti al governo ci sono gli stessi imprenditori che poi discutono progetti PPP da milioni di euro, spesso lontano dai riflettori?”, chiede il primo firmatario Paul Köllensperger.
Un registro per la trasparenza delle attività di lobbying
Una premessa: l’attività di lobbismo non solo è lecita, ma il coinvolgimento degli stakeholder nel processo decisionale è addirittura utile. Detto questo, per rafforzare la legittimità delle decisioni politiche agli occhi dell’opinione pubblica, è necessario garantire la massima trasparenza. Un utile strumento in questo senso è assicurare la tracciabilità dei contatti e degli incontri tra politici in ruoli esecutivi e portatori di interessi. L’istituzione di un registro delle lobby mira proprio a questo. “L’obbligo di tracciamento contribuirà inoltre a spostare nelle competenti sedi istituzionali gli incontri dei membri degli esecutivi provinciali e comunali e/o dei dirigenti pubblici con i portatori di interessi – spiega il consigliere provinciale Paul Köllensperger -. Evidentemente non è opportuno che questi si svolgano in qualche ristorante appartato o peggio ancora”.
L’esistenza di un registro per la trasparenza e tracciabilità delle attività di lobbismo è la normalità già da anni in molti contesti istituzionali: dall’Unione europea a diverse Regioni e ministeri. Perché non in Alto Adige? “La proposta non è la panacea di tutti i mali, ma un passo nella direzione di più trasparenza sì, in un contesto come il nostro in cui persone oggi indagate per gravi reati per anni sono tranquillamente entrate ed uscite dai palazzi del potere. Un tale registro sarebbe anche una garanzia per i governanti stessi, oggi chiamati a smentire rapporti troppo ravvicinati”, conclude Paul Köllensperger.
Dlgs. 231/2001 e codici etici, premiare chi adotta strumenti contro la corruzione negli appalti pubblici
Oltre a garantire la trasparenza, bisogna intervenire sul tema della prevenzione della corruzione, innanzitutto sfruttando possibilità normative già esistenti. Un’altra proposta si fonda infatti sul decreto legislativo 231 dell’8 giugno 2001 varato proprio con l’obiettivo di prevenire reati quali corruzione, frode, riciclaggio e altri illeciti economico-finanziari. La norma aveva introdotto la cosiddetta responsabilità amministrativa per persone giuridiche, società e associazioni, rendendole direttamente responsabili per alcuni reati commessi nel loro interesse da soggetti sottoposti alla loro vigilanza. Questa responsabilità spinge gli enti – tra cui, sottolineiamo, anche società private – ad adottare modelli organizzativi volti alla prevenzione dei reati sopracitati, incentivando quindi la previsione di efficaci strumenti di controllo, tra cui rotazione del personale e tutela del Whistleblowing.
“Il cuore della proposta sta nell’elaborazione di un modello che preveda di favorire nei punteggi assegnati ai concorrenti a bandi pubblici, appalti, oppure nei criteri di adesione a proposte da parte di privati PPP o ad altre tipologie di accordi tra ente pubblico e privati, le imprese che si sono impegnate a rispettare i codici etici e ad adottare quindi adeguate misure di controllo interno di cui al citato Dlgs. 231/2001. L’obiettivo finale deve essere rafforzare la riduzione del rischio di pratiche illecite”, conclude Paul Köllensperger.