Nel discorso progressista che ha tenuto l’anno scorso sul bilancio, il presidente della Provincia ha parlato anche di sostenibilità e del clima. Allora però non sapevamo che in Italia c’erano già i primi casi di Covid, scambiati all’epoca per polmoniti atipiche. Oggi, 12 mesi più tardi, stiamo vivendo la più grande recessione del dopoguerra, i cui effetti economici, ma anche sociali, ci accompagneranno per molto tempo. Il flagello Covid ha dominato il 2020, anche in campo politico. A questo proposito desidero tuttavia far notare che stiamo andando avanti diritti verso una catastrofe molto più grande, quella del clima. Sarebbe quindi auspicabile che anche nel discorso sul bilancio 2021 il presidente della Provincia parlasse di nuovo di sostenibilità e del clima.
Il 2020 è l’anno della pandemia, in Europa e nel mondo. Un virus ci ha mostrato la fragilità delle
nostre economie, la precarietà dei nostri sistemi sociali, la debolezza dei nostri sistemi sanitari.
Anche di quello altoatesino, seppure dotato di 1,43 miliardi di euro, ma impreparato di fronte a una pandemia, e incapace di coprire il fabbisogno non appena i pazienti nelle terapie intensive superano alcune decine di unità. Quali certezze abbiamo: anche nella prospettiva di una rapida distribuzione alla popolazione di vaccini altamente efficaci contro la pandemia di Sars-Cov-2, ci aspettano comunque mesi di grandi sacrifici a livello sanitario, sociale ed economico anche in Alto Adige, che il presidente della nostra Provincia definisce spesso, e a ragione, “una piccola Europa”.
Al momento della stesura di questa relazione di minoranza una cosa è certa: nonostante il riuscito screening di massa attuato dalla Giunta provinciale
che, malgrado il comprensibile scetticismo iniziale sulla sua validità scientifica, ha contribuito a lanciare un forte segnale di partecipazione patriottica verso l’esterno, con conseguente successo d’immagine, non si sa cosa ci aspetta.
Lo si deduce anche dal fatto che, persino in una provincia a vocazione turistica invernale come l’Alto Adige, l’inizio della stagione turistica è previsto solo per l’inizio del 2021. E anche per allora non vi sono certezze. Date queste premesse, è difficile prevedere la ripartenza del settore turistico, fondamentale motore economico della provincia, con le sue centinaia di esercizi e le sue migliaia di addetti. Non si sa ancora quando ciò avverrà e se la macchina, una volta messa in moto, avrà ancora la stessa potenza di prima. Se si considera che, alla luce dei crescenti nuovi contagi, in molti Stati dell’UE si fa sempre più strada un atteggiamento negativo, per cui per la prima volta potrebbe insinuarsi nel dibattito pubblico un “boicottaggio degli impianti da sci” sotto l’egida dell’Italia e della Baviera, anche l’Alto Adige si trova ad affrontare la questione di come fronteggiare un sentimento generalizzato a cui si può reagire solo in parte con argomentazioni razionali, misure di sicurezza e pertinenti provvedimenti a livello regionale e locale.
Una piccolissima speranza è legata alla riapertura dei negozi e del commercio a inizio dicembre, cosa che potrebbe salvare almeno in minima parte il giro d’affari natalizio. Anche la riapertura delle strutture per la prima infanzia e delle scuole in presenza (con l’esclusione delle scuole superiori) contribuisce solo in parte a ricreare un po’ della vecchia normalità. Infine l’emergenza sanitaria sta rientrando solo lentamente e la pressione sulle terapie intensive rimane alta.
Benché l’analisi del bilancio di previsione 2021, 2022 e 2023 sia ovviamente segnata dagli sconvolgimenti sanitari, sociali ed economici causati dalla pandemia, va fatto notare che la gestione finanziaria proposta dalla Giunta provinciale per gli anni 2021-2023 si profila, nella sostanza, come una prosecuzione degli esercizi finanziari passati. Inoltre il 2020 è anche il settimo anno di Kompatscher, ormai al secondo mandato, alla guida di questo territorio, e in questo dannato settimo anno i tentativi della sua Giunta di far fronte alla pandemia metteranno in luce quali errori strategici del passato potrebbero a medio e lungo termine costare cari alla nostra provincia e alle persone che qui vivono e lavorano.
Perché il Covid, e l’esperienza del tutto nuova di entrate in calo, sono per l’Alto Adige e il suo esecutivo, abituati a bilanci record ogni anno, una cartina di tornasole per capire le conseguenze della mancanza di propensione ad attuare riforme.
Una propensione che, soprattutto all’inizio della presidenza Kompatscher, era stata prospettata all’opinione pubblica, tra l’altro all’insegna dello “zero base budgeting”, la programmazione a base zero.
Nessuno pretende che queste considerazioni di politica di bilancio per l’ulteriore sviluppo della nostra provincia tramite grandi sforzi riformistici dovessero tenere conto anche di eventi del tutto imprevedibili come una pandemia. Si insiste piuttosto sulla necessità di mantenere una promessa fatta nel 2013 dal presidente della Provincia in carica, e cioè di analizzare sistematicamente tutte le voci di spesa del bilancio per trovare quegli spazi di manovra a livello finanziario che già con il suo predecessore erano diventati sempre più rari.
Affermare che sono stati verificati il reale fabbisogno e le esigenze suona tanto come una scusa alla luce del perpetuarsi, praticamente lineare, di voci di bilancio storiche.
Dire basta a una politica della continuità che persino di fronte alla pandemia del secolo introduce minime modifiche, e passare a una pianificazione dei futuri decenni basata sugli investimenti: questo è l’imperativo, l’appello alla Giunta provinciale affinché affronti il tema del reperimento di risorse pubbliche, dell’efficienza, della pianificazione, dei trasferimenti e dell’impiego dei mezzi quando si occuperà delle misure che sono necessarie per assicurare a breve, ma soprattutto a medio e lungo termine, il benessere delle nuove e in particolare delle future generazioni.
Infatti ben prima che gli aggravi e le restrizioni dovute al Covid-19 andassero a pesare sul bilancio di previsione 2020 sotto forma di riduzione delle entrate e inevitabili tagli di spesa, con prevedibili riallocazioni a sostegno del sistema sanitario, nonché massicci aiuti alle famiglie e alle aziende, anche questo presidente della Provincia, nel suo secondo mandato, aveva alimentato la speranza, dopo cinque anni in cui aveva svolto il ruolo di primo amministratore di questa terra, di poterne diventare anche il riformatore. Nel 2020 gran parte dell’attività dell’esecutivo è stata necessariamente dedicata a limitare i danni.
I soli mezzi finanziari stanziati nel 2020 per attuare le misure di sostegno alle famiglie e alle imprese, resesi necessarie a causa della pandemia, ammontano a quasi mezzo miliardo di euro dei fondi della complessiva dotazione del bilancio. Più precisamente la Giunta provinciale ha stanziato 428 milioni di euro per far fronte alla crisi dovuta al Covid. A queste maggiori spese si aggiungono quasi 550 milioni di minori entrate, conseguenza anche delle minori entrate fiscali.
Se si considera il volume complessivo dei contributi messi a disposizione di famiglie e imprese tramite le banche (circa 362 milioni di euro) per il finanziamento del credito, la quota provinciale ammonta a più di 10 milioni di euro – a fronte di circa 5.000 domande. A ciò si aggiungono 1,7 miliardi di euro di volume pubblico, per circa 20.000 beneficiari. Altre imponenti misure di sostegno, magari non ovunque prontamente applicate, hanno riguardato il mercato del lavoro: sono stati vincolati più di 170 milioni per la cassa integrazione guadagni, di cui 90 milioni sono stati effettivamente liquidati.
Non va poi dimenticato il voluminoso pacchetto di crisi per l’economia, con circa 100 milioni di euro per le piccole aziende con fino a 5 collaboratori, di cui hanno beneficiato circa 20.000 imprese che lamentavano perdite di fatturato superiori al 50%, soldi che sono serviti in primo luogo per garantire la situazione occupazionale.
Per non parlare delle singole corsie di finanziamento – nel loro complesso di un certo peso – per le diverse organizzazioni turistiche e soprattutto per un’iniziativa pubblicitaria un tantum di 35 milioni di euro a favore della società di marketing provinciale, la IDM, benché proprio a causa del crollo del turismo, ma anche della quasi totale scomparsa della vita culturale, questi comparti abbiano registrato consistenti riduzioni delle entrate.
Sicuramente all’IDM viene dato ampio spazio all’iniziativa dei singoli se, ad esempio, tre anni dopo la sua fondazione e le fusioni che l’hanno accompagnata, è incredibilmente riuscita a mantenere quasi tutti i collaboratori, in parte trasformati in impiegati pubblici. Inutile far presente che questa strana creatura sarebbe improponibile nel settore economico privato.
A proposito di innovazione ed economia creativa: bene che gli operatori culturali abbiano potuto beneficiare di misure di sostegno immediate pari a circa 2 milioni di euro, ma qui siamo di fronte alla classica goccia nel mare. Indubbiamente le cose risultano più chiare se si dice che il settore della cultura ha ricevuto altri 7 milioni di euro sotto forma di aiuti immediati a compensazione delle perdite subite dagli ostelli della gioventù e dai centri di formazione. In definitiva si vede quali sono le conseguenze, in un settore come quello culturale, di tempistiche sbagliate e della totale incapacità di comprendere le dinamiche di un comparto legato all’innovazione e all’adeguamento, e che invece i responsabili del settore hanno gestito con misure politiche frammentarie, non in grado di sostenere l’iniziativa individuale. L’industria culturale è un chiaro esempio di come altre rappresentanze d’interessi s’intendano meglio con la politica provinciale.
Così come le proposte di bilancio 2021-2023 sembrano far proprio il principio “un po’ per tutti i settori”, senza un chiaro orientamento di fondo, in nome di una ripartizione delle risorse in vecchio stile, anche lo stanziamento di risorse pubbliche per contrastare le conseguenze della pandemia non sembra seguire alcun filo conduttore.
Gli aiuti una tantum sembrano essere uno degli strumenti di sostegno preferiti dalla Giunta provinciale, come ad esempio gli incentivi una tantum legati a determinati mesi di attività per i settori colpiti dalla crisi, quali agenzie di viaggi, aziende di trasporto persone, prestatori di servizi per eventi, gestori di discoteche. Per i circa 200 richiedenti di questi settori la Giunta provinciale ha messo a disposizione quasi 10 milioni di euro.
In retrospettiva una grossa fetta degli aiuti provinciali per la crisi causata dalla pandemia se la sono portata via in particolare i differimenti delle rate in quota capitale dei mutui agevolati o dei leasing finanziari tramite il fondo di rotazione, ma anche le temporanee minori entrate a livello comunale legate alle dilazioni di pagamento, nonostante la loro scarsa visibilità nel bilancio provinciale.
Ma il quadro delle misure provinciali anti-Covid si completa solo dando uno sguardo al settore sociale, in ogni caso molto importante nel bilancio della Provincia. Le compensazioni finanziarie per i servizi ammontano a circa 16 milioni di euro a fronte di circa 13.000 domande, di cui circa 1.300 presentate da famiglie e cittadini e cittadine che hanno ricevuto più o meno 2 milioni di euro di aiuti d’emergenza Covid-19. A questi si aggiungono circa 9 milioni di euro per 6.000 domande di contributo straordinario al canone di locazione e per le spese accessorie-Covid-19, e infine 5 milioni di euro per l’assegno Covid-19 per i minori, richiesto da circa 8.000 persone.
Nel settore sociale sono poi previsti ancora 22 milioni di euro quale compensazione per i costi aggiuntivi sostenuti da coloro che offrono assistenza ai bambini d’estate o nel pomeriggio, e assistenza alla prima infanzia, nonché dalle residenze per anziani e dai servizi sociali Ma la parte del leone, con 5 milioni di euro, la fanno i premi speciali per coloro che si sono particolarmente impegnati nell’emergenza Coronavirus nell’ambito delle residenze per anziani e dei servizi sociali, mentre altri 5 milioni sono andati ai premi speciali per le collaboratrici e i collaboratori della sanità.
Per quanto riguarda la risposta istituzionale alla pandemia di Covid-19, l’impressione è che per la gestione della crisi non si sia riusciti appieno a individuare nelle singole ripartizioni e uffici amministrativi né le risorse di personale da destinare alle normali pratiche amministrative, né quelle da impiegare nella programmazione del periodo post-Covid. Tutto ciò risulta ben evidente anche da una prima analisi della struttura del bilancio di previsione.
A questo punto diventa sempre più chiaro come gli stessi vertici provinciali si adoperino per impedire la realizzazione del progetto del presidente della Provincia di fare dell’Alto Adige una piccola Europa, così che, dopo 24 anni in cui il suo predecessore ha perseguito una politica basata sul consolidamento dell’hardware, si possa finalmente dare la priorità allo sviluppo del software e all’aggancio alla concorrenza internazionale con le menti migliori. A partire dal contrasto alla fuga dei cervelli a livello locale.
Come non ricordare a questo proposito quanto successo nell’anno delle ultime elezioni del Consiglio provinciale, quando sono in parte trapelate le beghe e i sotterfugi sulla pubblicazione del rapporto sui risultati della revisione della spesa pubblica con le relative proposte di miglioramento che, lungi dall’essere un capolavoro di riforma amministrativa, ha comunque fornito spunti corretti per lo smantellamento degli ostacoli che si frappongono al futuro sviluppo della nostra provincia e alla realizzazione del progetto del presidente della Provincia.
Con la pandemia di Covid-19 tutte le esigenze di riforma finora trascurate sono divenute ancora più impellenti e, per la prima volta da alcuni decenni a questa parte, maggioranza e opposizione si sono rese conto che in molti settori vitali l’Alto Adige è al limite della tenuta, mentre contemporaneamente in molti altri settori, forse meno essenziali, si continuano a elargire soldi pubblici. Una tendenza che, da uno sguardo al bilancio di previsione e alla bozza di legge di stabilità, sembra voler proseguire.
Tre aspetti che vengono trascurati
I tre settori che contribuiscono in massima parte, data la loro rilevanza di sistema, al benessere dell’Alto Adige, e quindi alla redistribuzione della ricchezza, vale a dire industria, artigianato e commercio, ma soprattutto il turismo, si trovano a causa della pandemia in un momento di grande incertezza interna ed esterna.
Anche se da parte della Giunta provinciale si fosse già manifestata una volontà di riforma – soprattutto del settore pubblico, e fosse anche a causa della pandemia – si andrebbe ben oltre l’orizzonte del prossimo bilancio per percepire gli effetti della necessaria inversione di tendenza per quanto riguarda le spese correnti. E non basta: senza una modifica costituzionale concordata con Roma, la Provincia di Bolzano non può contrarre debiti unilateralmente per continuare a sostenere, anche nel 2021, le famiglie e le aziende in difficoltà a causa della pandemia – e ciò a dispetto dei dati completamente fuorvianti e irrealistici che l’assessore all’economia ha presentato in aprile a sostegno della tesi secondo cui si può continuare a finanziare lo status quo prendendo soldi a prestito.
In altre parole, uno dei nostri responsabili politici dichiara ufficialmente che la Provincia di Bolzano, a prescindere dalla pandemia, non ha la necessità di prendere in considerazione l’avvio di urgenti e importanti riforme.
Per garantire in modo duraturo il benessere tramite il gettito dell’imposta sui redditi delle persone fisiche e giuridiche, i cui 9/10 restano in loco, serve un deciso aumento dell’attrattività degli scambi con l’amministrazione pubblica.
Se la crisi ha di fatto imposto uno stop alla libertà di circolazione all’interno dell’EU, l’Alto Adige registra già dall’inizio del nuovo secolo un notevole esodo soprattutto di laureati e laureate, i cui talenti e le cui qualifiche sono invece apprezzati a livello internazionale, per cui le menti migliori finiscono all’estero. Anche in questo settore l’Alto Adige deve prendere consapevolezza dell’opportunità che ha di diventare una piccola Europa. Ciò implica la digitalizzazione soprattutto dei servizi della pubblica amministrazione, un maggiore scambio di esperienze in materia di best practices tra economia privata e amministrazione pubblica, lo scardinamento della dilagante politica clientelare, che in Alto Adige è molto radicata in quanto sostenuta dalle grandi associazioni di categoria con la loro capillare rete di soci.
Osservazioni sull’accordo finanziario
Se da una parte l’accordo finanziario con Roma offre sicurezza sul fronte delle spese, in quanto sancisce la partecipazione alla copertura degli interessi del debito pubblico italiano, dall’altra in tempi di marcato calo delle entrate dello Stato si nota la mancanza di qualcosa di simile, o almeno
di un meccanismo di compensazione, sul fronte delle entrate.
Nello stesso periodo dello scorso anno, quindi prima della pandemia, durante la discussione generale sul bilancio 2019 avevo sollevato la questione della mancanza di garanzie del nostro accordo finanziario sul versante delle entrate. Naturalmente non avevo posto la questione in previsione di una pandemia, ma di fronte al rischio di una flat tax introdotta a livello statale da un eventuale Governo di destra. Ora il Coronavirus ha messo all’angolo i populisti di destra facendo fortunatamente diminuire non di poco il loro consenso, ma lo stesso è successo alle entrate fiscali. Di conseguenza, la questione sollevata un anno fa è della massima attualità. Allora non avevo ricevuto alcuna risposta, ma nel frattempo sappiamo che si sta negoziando una clausola di neutralità, di cui tuttavia non c’è ancora traccia nell’attuale manovra finanziaria statale. Dato che l’Alto Adige in quanto autonomia speciale risente particolarmente della diminuzione delle entrate fiscali dello Stato a causa di una relativamente alta quota di partecipazione alla copertura dell’indebitamento statale, nel decreto Agosto sono state previste delle compensazioni (non sufficienti), ma soprattutto si è concordato con Roma di calcolare, e quindi garantire, per il 2020 e il 2021 un volume di entrate basato sulla media dei tre anni precedenti. 370 milioni vengono riconosciuti subito, e in futuro arriverà il saldo della parte restante. In questo modo viene temporaneamente garantita la stabilità finanziaria, ma dopo questo avvertimento sarebbe il caso di ritrovare la volontà di riforma.
Osservazioni in merito al bilancio
Dato che in seguito all’accordo con Roma il fronte delle entrate è definito, si può, nonostante la crisi, stimare il volume di bilancio per il 2021 e il 2022. Il volume di bilancio complessivo per il 2021 si aggira su 6,12 miliardi di euro. Trattandosi di una media degli ultimi tre anni, si vede come in futuro vi sarà un’inversione di tendenza, seppure non drammatica, dell’aumento dei mezzi di bilancio che avevamo imparato a conoscere negli ultimi anni. Nel 2020 i miliardi erano 6,32. Lo stesso accadrà nei prossimi anni. A fronte della minore capacità di spesa continuano però ad aumentare le spese correnti.
Nei prossimi anni bisogna aspettarsi importanti provvedimenti da Roma, anche sotto forma di un’imposta patrimoniale e di un aumento della tassazione, che da una parte, in virtù della cessione del 90 per cento del gettito, nel breve periodo faranno confluire più soldi nelle casse della Provincia, ma dall’altra alla lunga danneggeranno l’economia aumentando il divario tra l’Italia e il resto d’Europa. L’Alto Adige, i cui dati economici, si sa, si collocano per lo più a metà strada tra quelli italiani e quelli dei vicini nordeuropei, vedrà crescere la propria distanza da questi ultimi.
Fortunatamente per ora la Provincia continua ad applicare le ormai comprovate agevolazioni fiscali di propria competenza (IRAP e addizionale regionale Irpef) rinunciando così a più di 300 milioni.
Ma sarà così anche in futuro? La risposta è semplice: se non si possono ridurre le spese, cosa che la Giunta provinciale riuscirà a fare solo in minima parte (lo zero base budgeting e la spending review rimarranno degli slogan senza mai trasformarsi in misure concrete) allora prima o poi dovranno essere aumentate le entrate. E ciò significa aumentare la tassazione provinciale, il che equivarrebbe alla fine della politica di sgravio dell’esecutivo. La domanda è QUANDO ciò avverrà e non SE avverrà. A meno che non ci si decida ad avviare e portare a compimento una vera spending review, cosa che tuttavia nessuno sembra avere la forza e il coraggio di sostenere, né nel partito di maggioranza né nell’esecutivo. Significherebbe infatti mettere in discussione l’efficacia del sistema dei contributi provinciali e sacrificare alcune delle vacche sacre di questa provincia. Da decenni il problema della SVP è che proprio queste vacche sacre sono la sua principale fonte di voti. In ogni caso non si potrà eludere un dibattito sul raffronto di indicatori quali il contributo economico, la percentuale del PIL, il valore aggiunto e gli altri indicatori dei vari comparti economici con i finanziamenti provenienti dal bilancio provinciale.
E sarebbe davvero ora di avviarlo questo dibattito.
Il bilancio contiene circa 1.500 voci che vanno da poche migliaia di euro fino al miliardo. Le voci di spesa possono comunque essere raggruppate in tre categorie principali: trasferimenti, costi del personale e acquisto di servizi da terzi. Sarebbe davvero tempo di analizzare a fondo l’utilità di tali trasferimenti. Quasi la metà del bilancio provinciale se ne va in una serie infinita di trasferimenti a cittadini, aziende e altre amministrazioni pubbliche.
Ma tutti questi trasferimenti sortiscono davvero gli effetti sperati oppure sono solamente “pesi morti”? Un’analisi basata sul sistema PART, riconosciuto a livello internazionale, che misura e valuta l’efficacia dei risultati, ha fornito un quadro sconfortante: solo il 20% dei trasferimenti ai cittadini ha avuto un qualche effetto, il 9% è inefficace, il 47% appena sufficiente, e dei restanti non è documentata l’efficacia. Sono, per contro, efficaci i trasferimenti ai comuni e alle altre amministrazioni pubbliche, peraltro al 75%. In conclusione: occorre agire con urgenza. Da subito.
Per mantenere il volume degli stanziamenti iniziali di bilancio in zona sicurezza, quest’anno a differenza degli ultimi anni bisognerebbe grattare il fondo nel vero senso della parola, inclusi il DANC (ben 650 milioni), l’Euregio e il fondo di rotazione.
Ma non basta: per la prima volta anche gli enti e le aziende della Provincia, come l’Ipes, la Sta e NOI Techpark, si indebiteranno per far posto nel bilancio provinciale ad altre voci di spesa. In questo modo ci appropriamo di alcune risorse del futuro, a scapito dei prossimi anni. Ma questo significa che, a differenza degli anni passati, l’assestamento di bilancio non potrà più essere utilizzato per dare un contentino ai delusi.
Inoltre, e questo è preoccupante, nel 2021 non ci saranno mezzi aggiuntivi per l’economia dissanguata dal Covid, benché tutti concordino nel ritenere che l’anno prossimo la crisi sarà particolarmente dura. A differenza della primavera di quest’anno, non ci saranno infatti più mezzi a disposizione, a meno che non venga sospeso il nostro contributo annuale allo Stato, pari a 486 milioni sulla base dell’accordo finanziario.
Inoltre, in seguito alle novità legislative, il libero utilizzo dell’avanzo di amministrazione è stato notevolmente limitato. Si pone ora la questione se in futuro questo strumento possa continuare a rappresentare un affidabile indicatore della possibilità di fare investimenti nella seconda metà dell’esercizio finanziario e di quali strumenti occorrerà trovare per dare impulso a economia e società.
Il fatto è che l’avanzo è in gran parte già vincolato. Si pone poi anche la questione di come l’Alto Adige ripianerà i debiti che ha dovuto necessariamente contrarre, e come contemporaneamente riuscirà a far fronte alle esigenze della società.
Come già detto, bisogna anche tenere conto del fatto, più volte pubblicamente annunciato, che in eventuali negoziati con Roma il presidente della Provincia potrà far pesare, soprattutto alla Camera dei deputati dove il Governo ha una maggioranza risicata, i voti della SVP.
In tale contesto sono in ballo fondi da Roma, con i quali si spera di ammortizzare almeno una parte delle molteplici spese, che per la sanità ammontano a 1,5 miliardi (con ulteriori 200 milioni si potrebbe aumentare di più del 10% lo stanziamento per questo ambito rispetto ai bilanci 2019 e 2018), sotto forma di rimborsi per i costi straordinari sostenuti per la sanità e i trasporti a causa della pandemia. E infine lo Stato deve ancora trasferire alla Provincia i proventi del gioco d’azzardo e delle accise degli anni passati. Nel bilancio di previsione 2021 si tiene conto anche di questi pagamenti arretrati.
Volendo poi considerare i circa 209 miliardi che nei prossimi 7 anni l’UE sembra voler stanziare a favore dell’Italia per consentirle di superare le gravi conseguenze economiche e sociali della pandemia, ci si ritroverebbe con 2,7 miliardi di euro a disposizione dell’Alto Adige nei prossimi anni per quei massicci investimenti che la nostra provincia promette da tempo. Le priorità sono gli investimenti nella green economy, programmi infrastrutturali e digitalizzazione. E non il finanziamento delle tradizionali voci di bilancio, tanto meno delle spese correnti.
Pandemia o meno, da anni continua ad aumentare, di esercizio in esercizio, la spesa pubblica per il mantenimento dello status quo, le cosiddette spese correnti, che in quasi tutti gli ambiti di vita delle altoatesine e degli altoatesini sono vicine al 75%. Come previsto, da questo punto di vista il bilancio di previsione 2021, 2022 e 2023 non è un’eccezione, né potrebbe esserlo in questo anno.
L’aumento della spesa corrente non rappresenta peraltro un grosso problema in tempi di crescenti entrate. Ma ora, in una situazione che nella migliore delle ipotesi è caratterizzata da un volume di bilancio stagnante per non dire in calo, le spese correnti diventano una spada di Damocle: con il ridursi dei mezzi a disposizione per gli investimenti la Giunta provinciale non può né pianificare né finanziare misure anticongiunturali. In altre parole, risulta molto difficile promuovere un’efficace politica economica e congiunturale.
Il bilancio di previsione provinciale per gli anni 2020, 2021 e 2022 conferma un trend che caratterizza i bilanci degli ultimi anni della Provincia autonoma di Bolzano: l’ammontare dei fondi pubblici a disposizione rimane come sempre a un livello molto elevato, ma aumentano anche le spese correnti per il mantenimento dello status quo, il che limita le possibilità di investimento e i fondi disponibili per importanti progetti futuri. Per dirla in breve, la Giunta provinciale con il presidente Kompatscher, responsabile delle finanze e della leadership in provincia, ha nuovamente presentato, al suo secondo mandato, un bilancio all’insegna del motto “business as usual”, mentre duole constatare che non si intravede – almeno non in questo bilancio provinciale – una chiara visione per il territorio e i suoi abitanti e una lungimiranza che vada oltre la spesso citata ambizione, giustamente posta come obiettivo, di vedere l’Alto Adige come “una piccola Europa”.
Un nuovo orientamento fondamentalmente rivolto al futuro e al passo con le esigenze delle nuove generazioni rimane una promessa non mantenuta.
Una programmazione di bilancio a base zero fondata su una profonda azione di spending review (i cui risultati a tutt’oggi sono noti solo in parte) sembra ancora molto lontana. Di conseguenza il bilancio di previsione è anche quest’anno per lo più la ripetizione di voci di bilancio da sempre esistenti.
Tuttavia, in particolare nell’attuale situazione di emergenza sanitaria e in vista della fase post Covid, deve essere possibile, anche modificando le possibilità di finanziamento e allontanandosi dalla logica delle sovvenzioni, prevedere forme di sostegno che da un lato sgravino il bilancio pubblico e dall’altro rafforzino la responsabilità e l’iniziativa personale della popolazione della nostra provincia. Nell’inquadrare l’impatto della crisi sulla gestione finanziaria della Giunta provinciale, tenuto conto degli oneri massimi prevedibili derivanti dalla pandemia di Covid-19, non si deve dimenticare che questa provincia, indubbiamente ben gestita, è sostenuta da una popolazione che si distingue per la sua spiccata etica del lavoro e per un’onestà fiscale esemplare per tutta l’Italia.
Considerazioni sulle disposizioni collegate alla legge provinciale di stabilità per l’anno 2021
Purtroppo il disegno di legge provinciale n. 67 rappresenta una ricaduta nella tristemente nota legislazione omnibus in materia di bilancio, dopo la lodevole eccezione del 2019. Esso contiene una miriade di disposizioni estranee al bilancio, in gran parte non giustificabili da particolari urgenze nemmeno a fronte dell’emergenza Covid.
In ben 18 articoli – ai quali, come di consueto, se ne sono aggiunti altri in sede di commissione legislativa portando il disegno di legge a 25 articoli – sono state inserite modifiche e disposizioni relative alle più disparate materie: personale docente, assunzione di personale nella sanità, agriturismo, acque pubbliche, agenzia provinciale per l’ambiente, inquinamento acustico, risparmio energetico, ordinamento dell’artigianato, ordinamento del personale, interventi di politica attiva del lavoro, Euregio Plus, amministrazione del patrimonio, organismi di garanzia. Non c’è nulla di sostanziale da dire al riguardo, in quanto il disegno di legge manca di un filo conduttore, e per questo rimando al dibattito sull’articolato.
Per concludere
Il bilancio della Provincia per il 2021, con un volume complessivo provvisorio di 6,12 miliardi di euro, rimane a un livello elevato nonostante tutte le minori entrate da considerare. Va da sé che i contraccolpi dovuti alla prima, alla seconda e a un’ipotetica terza ondata della pandemia di Covid-19 eserciteranno un’ulteriore forte pressione sugli oneri di bilancio. Forse per la prima volta da lungo tempo la Provincia autonoma di Bolzano e il suo esecutivo si trovano a doversi chiedere seriamente se i fondi necessari nell’ambito degli investimenti già avviati siano ancora tutti da considerarsi garantiti.
In aggiunta, è forse soprattutto in tempi di generale flessione delle entrate che ci si ricorda dolorosamente come gli avanzi di amministrazione, di cui tanto spesso ci si vanta, servano molto di più come metro di valutazione dell’efficienza della gestione amministrativa che non come uno scrigno del tesoro da cui attingere all’ultimo minuto i fondi per l’uno o l’altro progetto non adeguatamente finanziato a tempo debito.
Di fronte a una prassi amministrativa che travalica tutti i limiti di competenza finora esistenti, la Giunta provinciale farebbe bene ad esaminare più seriamente di quanto non sia stato fatto finora la possibilità di rafforzare i canali di finanziamento diretto attraverso gli aiuti dell’Unione Europea, che possono essere assegnati direttamente senza passare per Roma, con le imponderabilità politiche che sempre ne derivano.
Una nuova visione della fase post Covid-19, incentrata sulla proporzionalità non solo tra le missioni, ma soprattutto tra i titoli di bilancio, merita urgentemente di essere presa in maggiore considerazione nella pianificazione delle risorse future.
Come si è detto all’inizio, nella prospettiva di imminenti progressi nello sviluppo di un vaccino si può anche pensare di tirare avanti secondo il motto “business as usual” fino ad arrivare alla fine del tunnel. Dal punto di vista odierno, tuttavia, è difficilmente immaginabile a quale ulteriore pressione sarà sottoposto l’assetto finanziario della Provincia con la fine dell’emergenza statale nel corso del prossimo anno e con l’ondata di disoccupazione che si scatenerà in seguito. Così, forse, con un ritardo di sette anni diventerà accettabile non solo un approccio molto più radicale alla programmazione di bilancio a base zero, ma inoltre qualsiasi grande progetto di investimento verrà preso in considerazione e valutato in maniera molto più consapevole rispetto a prima, nell’ottica di ottenere fondi europei e statali, e soltanto dopo regionali o provinciali.
Il 2020 segnerà con ogni probabilità una svolta epocale. Perché anche la provincia di Bolzano, che sta giustamente lottando per mantenere alta questa sua immagine di “piccola Europa”, non solo a causa della spinta alla digitalizzazione che in tutti i settori della vita e del lavoro è divenuta una priorità in seguito alla pandemia di Covid-19, si troverà a dover affrontare non solo la questione di che ne sarà delle persone che hanno perso il lavoro e come possono essere sostenute al meglio con fondi pubblici e accompagnate nel loro percorso di aggiornamento e riorientamento.
Oltre a ciò, a fronte di una perdita di professioni – soprattutto nel settore dei servizi – che probabilmente, anche nel caso di un nuovo boom economico, non sarà più possibile recuperare del tutto, la provincia di Bolzano dovrà in via prioritaria affrontare la sfida di definire il proprio futuro come centro economico e sociale, senza dimenticare gli sconvolgimenti causati dalle radicali ristrutturazioni già oggi prevedibili, soprattutto nei centri storici e nei centri commerciali urbani, e le opportunità che si stanno aprendo per molte zone periferiche.
Proprio su questi aspetti, poco si legge nell’attuale bilancio di previsione per i prossimi anni, che saranno decisivi. Ciò equivale a un’ulteriore, deplorevole perdita di tempo e ad una pericolosa mancanza di pianificazione che stride con l’orientamento moderno, europeista e aperto all’innovazione di questa Giunta provinciale e con quella che tutti vorremmo innegabilmente continuasse ad essere l’ambizione della nostra provincia: “L’Alto Adige, nel cuore geografico dell’Europa, è uno dei territori più apprezzati al mondo per qualità di vita e sviluppo economico”.
Paul Köllensperger