Il turismo, accanto all’industria, è tradizionalmente il più forte pilastro dell’economia altoatesina.
L’organizzazione del turismo altoatesino è finanziata essenzialmente da tre attori: la Provincia, le aziende e le associazioni turistiche e infine i turisti, che giungono da tutto il mondo nella nostra provincia in cerca di relax.
La legge provinciale n. 9 del 2012 prevede, fra le misure per promuovere il turismo, un’imposta a carico degli ospiti delle strutture ricettive locali.
La cosiddetta imposta comunale di soggiorno, detta anche tassa di soggiorno, viene calcolata in base al numero di pernottamenti e al numero di ospiti di età superiore ai 14 anni. Il suo importo è differenziato in base al tipo di struttura ricettiva e quindi suddiviso per categoria e classificazione della stessa, variando da un minimo di 0,50 euro a un massimo di 2,50 euro a notte.
Da tempo le cosiddette piattaforme di intermediazione on line – per intenderci, colossi di Internet quali Airbnb e altri – esercitano una notevole influenza sul mercato non solo a monte delle strutture alberghiere, ma anche imponendo in Alto Adige strutture ricettive alternative, soprattutto ma non esclusivamente private o gestite occasionalmente, che non sono di loro proprietà, generando così anche nella nostra provincia, sia in destinazioni urbane che rurali, flussi di turisti che in gran parte non vengono registrati nei comuni interessati.
Airbnb si basa sul cosiddetto modello imprenditoriale della sharing economy: ad eccezione del proprio sito web, dei locali dell’azienda, dell’URL e dell’algoritmo che consente l’abbinamento ottimale tra domanda e offerta, essa non ha altre proprietà tangibili. Dalla sua fondazione nel 2008, Airbnb si è evoluta da “piattaforma di couchsurfing” fino a diventare, per dirla in breve, un vero e proprio “hotel mondiale” che dispone (pur senza esserne proprietario) della stragrande maggioranza dei posti letto.
Tuttavia questo modello di economia collaborativa e di presunta partecipazione con altri cosiddetti stakeholder dell’economia allargata, dell’ambiente e della società civile cessa improvvisamente di esistere non appena entra in contatto con le autorità fiscali nazionali.
Insomma, un Golia del turismo, ma un Davide per il fisco.
Riportiamo di seguito qualche cifra utile per inquadrare questo attore globale che sta avanzando anche nella meta turistica Alto Adige con i suoi siti protetti quale patrimonio mondiale dell’UNESCO (dati tratti da fonti statistiche internazionali, aggiornati a giugno del 2019):
Airbnb è in grado di ospitare contemporaneamente due milioni di persone in tutto il mondo;
su un totale di 6 milioni di inserzioni su www.airbnb.com, incluse le pagine nazionali, salta all’occhio che l’Italia risulta al 3° posto con 340.000 inserzioni, superata solo da Francia (2° posto) e Stati Uniti (1° posto).
È particolarmente interessante il raffronto con gli USA: l’Italia è presente su Airbnb con un numero di inserzioni pari a oltre il 50% di quelle pubblicate dagli Stati Uniti (circa 664.000). In confronto, la superficie dell’Italia è inferiore al 3% di quella degli Stati Uniti.
Per il 2020 si prevede un fatturato di 8,5 miliardi di dollari. Per contro, la quota di tasse che Airbnb versa allo Stato italiano insieme a Facebook, Apple, Amazon, Twitter e Tripadvisor ammontava nel 2017 a complessivi 11,7 milioni di euro.
In ogni momento su Airbnb ci sono centinaia di inserzioni riguardanti Bolzano, l’Alto Adige e le Dolomiti, e questo trend è in rapida crescita.
Il campione del mondo nel settore alberghiero, pur senza un solo posto letto di sua proprietà, è quindi allo stesso tempo campione del mondo di elusione fiscale.
Inoltre Airbnb preferisce appellarsi alla Corte di giustizia europea per impugnare le leggi fiscali che impongono alla piattaforma il pagamento delle tasse sul reddito generato dal cosiddetto affitto a breve termine non commerciale da parte del fornitore di posti letto, denominato “host”, tasse che in Italia ammontano al 21%, obbligandola inoltre a comunicare i dati identificativi di questi “host” e i relativi importi (vedi quanto riportato dai media il 18 settembre scorso).
In Alto Adige, grazie al lavoro della Questura di Bolzano, sono stati intrapresi i primi sforzi sistematici per contenere il fenomeno Airbnb attraverso l’applicazione delle disposizioni anagrafiche che devono essere rispettate dalle strutture ricettive tradizionali.
Perché una cosa è certa: il numero totale di pernottamenti dichiarati dalle strutture ricettive tradizionali per il 2018 è pari a circa 33 milioni. Tuttavia, a causa della lacuna legislativa esistente, si può presumere che il numero di pernottamenti non dichiarati effettuati in Alto Adige da parte di strutture ricettive prevalentemente private attraverso Airbnb & Co. sia molto più alto e che non tutte – o forse addirittura soltanto una piccola parte di esse – siano in possesso di una regolare licenza.
È nell’interesse del turismo altoatesino far emergere le cifre reali e ripristinare le regole del gioco che, in virtù dei provvedimenti legislativi da tempo esistenti, soprattutto le strutture ricettive tradizionali sono tenute a rispettare – sia quelle ai sensi delle norme in materia di esercizi pubblici di cui alla L.P. 58/1988, sia quelle riguardanti gli affittacamere previste dalla L.P. 12/1995, comprese le strutture agrituristiche.
Proprio al fine di garantire la trasparenza e la parità di trattamento, la Questura di Bolzano ha comunicato che il decreto legge 4 ottobre 2018, n. 113, convertito in legge n. 132, all’articolo 19-bis ha chiarito che gli obblighi di comunicazione di cui all’articolo 109 del Testo unico delle leggi sulla pubblica sicurezza si applicano anche a tutte le “strutture di accoglienza non convenzionali”, compresi i Bed & Breakfast, a prescindere dal fatto che esse forniscano un servizio a carattere commerciale o solo occasionale, anche con riguardo ai locatori o sublocatori che locano immobili con contratti di durata inferiore a trenta giorni. Le generalità vanno comunicate tramite il servizio online AlloggiatiWeb.
Tutto ciò premesso, il Consiglio della Provincia autonoma di Bolzano impegna la Giunta provinciale
a garantire, adeguando o integrando le fonti giuridiche esistenti, che anche per i turisti che hanno prenotato tramite piattaforme quali Airbnb o che operano secondo lo stesso principio (fungendo da intermediari tra gli ospiti e la struttura “host” che offre il pernottamento), venga effettuata la comunicazione del pernottamento al comune territorialmente competente in conformità alle norme in materia di pubblica sicurezza e che sia inoltre garantito, nell’ottica della salvaguardia delle misure per il finanziamento del turismo di cui alla legge provinciale n. 9 del 2012, il pagamento dell’imposta di soggiorno prevista dal comune interessato.
Inoltre va previsto anche mediante disposizione legislativa provinciale l’obbligo di ottenere il rilascio di una licenza per l’esercizio di tale attività di affitto.